Le questioni di legittimità, sollevate dal giudice tutelare del Tribunale di Pavia, riguardano l’articolo 3, commi 4 e 5 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), laddove stabilisce che l’amministratore di sostegno, al quale sia conferita la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, in mancanza di disposizioni anticipate di trattamento (DAT) dell’amministrato, possa rifiutare - senza l’autorizzazione del giudice tutelare - le cure necessarie al mantenimento in vita dell’amministrato. Secondo il giudice rimettente le modalità d’esercizio del rifiuto delle cure, prevedendo l’intervento dell’autorità giudiziaria solo nel caso di opposizione del medico che, contrariamente alla determinazione dell’amministratore di sostegno, ritenga invece le cure appropriate e necessarie, appaiono inidonee a salvaguardare la natura eminentemente personale di tale diritto. Si pongono dunque in contrasto con gli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, ledendo il diritto alla vita, alla salute, alla autodeterminazione e alla dignità della persona. Il rimettente censura, inoltre, le disposizioni denunciandone l’irragionevolezza sia rispetto alle previsioni degli articoli 374 e 375 del codice civile, che richiedono la necessaria autorizzazione del giudice tutelare per il compimento di taluni atti attinenti alla sfera patrimoniale dell’amministrato, sia rispetto al trattamento riservato ad altri atti personalissimi, come la separazione, sia, infine, con il dettato della legge n. 219 del 2017 tendente alla valorizzazione della volontà della persona.