UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI GIURIDICI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Privacy, protezione dei dati personali ed enti della Chiesa cattolica: prime indicazioni alla luce del “Codice in materia di protezione dei dati personali”

La disciplina introdotta dal recente “Codice in materia di protezione dei dati personali” (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196) prevede alcuni adempimenti per il trattamento dei dati personali che possono interessare anche gli organi e gli enti della Chiesa cattolica. In particolare, per il trattamento di dati personali comuni effettuato dagli enti ecclesiastici, anche […]
1 Giugno 2004

La disciplina introdotta dal recente “Codice in materia di protezione dei dati personali” (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196) prevede alcuni adempimenti per il trattamento dei dati personali che possono interessare anche gli organi e gli enti della Chiesa cattolica.
In particolare, per il trattamento di dati personali comuni effettuato dagli enti ecclesiastici, anche non riconosciuti, vale la disciplina generale prevista per gli enti senza scopo di lucro dall’art. 24, comma 1, lett. h), che esclude la necessità del consenso dell’interessato a condizione che il trattamento avvenga senza comunicazione all’esterno e senza diffusione.
Per quanto riguarda invece il trattamento dei dati sensibili, occorre distinguere due ipotesi.
a) Nel caso in cui il trattamento sia effettuato da associazioni, enti e organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, il trattamento medesimo può avvenire senza il consenso dell’interessato, ma previa autorizzazione del Garante e nel rispetto delle condizioni puntualmente indicate dall’art. 26, comma 4, lett. a). Tale disciplina si applica anche agli enti ecclesiastici non riconosciuti.
b) Con riferimento al trattamento dei dati sensibili effettuato dalle confessioni religiose e, più precisamente, “dai relativi organi, ovvero da enti civilmente riconosciuti” (per es., diocesi e parrocchie), l’art. 26, comma 3, lett. a), stabilisce che la disciplina generale prevista dal primo comma dello stesso articolo non si applichi al trattamento dei dati “relativi agli aderenti alle confessioni religiose e ai soggetti che con riferimento a finalità di natura esclusivamente religiosa hanno contatti regolari con le medesime confessioni, … sempre che i dati non siano diffusi o comunicati fuori delle medesime confessioni. Queste ultime determinano idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, nel rispetto dei principi indicati al riguardo con autorizzazione del Garante”. Tale disposizione deve leggersi alla luce della norma contenuta nell’art. 181, comma 6, del Codice, in base al quale le confessioni religiose che, prima dell’adozione del Codice, abbiano “determinato e adottato nell’ambito del rispettivo ordinamento le garanzie di cui all’articolo 26, comma 3, lettera a) possono proseguire l’attività di trattamento nel rispetto delle medesime”. Una simile previsione trova piena applicazione riguardo alla Chiesa cattolica, che, con l’emanazione del Decreto generale della Conferenza Episcopale Italiana recante “Disposizioni per la tutela del diritto alla buona fama e alla riservatezza”, 30 ottobre 1999 (pubblicato sul “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana”, n. 10/1999, p. 375ss., e sul sito internet www.chiesacattolica.it), ha provveduto a dotarsi di una propria specifica normativa, rispettosa della legislazione italiana e al tempo stesso delle esigenze della comunità ecclesiale e della peculiarità del suo ordinamento.

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